Il Milione di Marco Polo: il racconto delle Meraviglie della Cina nel primo diario di viaggio della storia
Se pensiamo alla Cina, alla sua storia e alle sue vetuste origini, da buoni occidentali non potremmo non ripensare alle meravigliose avventure di Marco Polo, il giovane veneziano passato alla storia per essersi spinto fino al mitico Catai, più in là di tutti i viaggiatori che al tempo percorrevano la Via della Seta. Grazie agli strenui amanuensi e poi all’invenzione della stampa, le sue testimonianze e i suoi racconti sono giunti fino a noi più vividi che mai, raccolti nel “Libro delle Meraviglie”, meglio noto come “il Milione”. In quello che è diventato il primo diario di viaggio della storia è racchiusa l’Odissea serica, un viaggio avventuroso e carico di emozioni alla scoperta di un nuovo mondo, un mondo lontano, mitico ed esotico. Il giovane Marco annota infatti con grande precisione tutti i particolari di quei luoghi meravigliosi, che poi detterà al suo zelante compagno di prigionia genovese negli anni del conflitto tra le due Repubbliche marinare.
Partendo proprio dalle prime tappe del viaggio, che lo terrà lontano dalla sua terra per ben 24 anni, racconta del deserto, della montagna sui cui si diceva si fosse fermata l’arca di Noè, la montagna dell’Armenia, e poi della tomba dei Magi nel cuore della Persia e di uno strano olio a Baku, un olio bruno e torbido, il nostro “oro nero”. Marco Polo è infatti il primo europeo a parlarci di quei beni che per noi occidentali sono diventati nei secoli indispensabili, come il petrolio o il motore della rivoluzione industriale, il carbone, che Marco descrive come pepite nere urenti, molto utilizzate in Cina per fare bagni caldi. Ci parla anche dell’amianto, a quei tempi detto “salamandra”, un minerale che veniva estratto nella regione del Sinkiang Uighur resistente alle alte temperature. L’Ulisse veneziano delinea meticolosamente tutte le novità che colpiscono la sua attenzione, cibi e bevande, riti e mestieri, la moneta nel regno del Kan e le preziose mercanzie. Descrive le ricchissime metropoli, le usanze esotiche e pagane del nuovo mondo, un mondo che all’epoca giungeva all’orecchio d’Europa solamente attraverso miti, favole e dicerie, in un alone di mistero, magico e fantastico.

Chi avrebbe mai immaginato che esistesse a migliaia di chilometri di distanza, oltre il deserto e le montagne, un mondo così civilizzato, così popoloso e così ricco di materie prime al pari, se non più, dei paesi europei. Basta leggere il resoconto delle città per restare a bocca aperta, specialmente se rapportato a quell’epoca, pieno Medioevo, come testimonia ad esempio la descrizione della città di Cambaluc, “la città del mondo dove arrivano più rarità, più cose di pregio e in maggior quantità di ogni altra città del mondo. Pensate solo a questo: a Cambaluc arrivano ogni giorno non meno di mille carrettate di seta”. Si tratta nientepopodimeno del nucleo originario di Pechino, la capitale della Cina, già allora cuore pulsante del commercio e degli affari. E per non parlare poi del traffico fluviale.
Marco ci racconta delle migliaia di imbarcazioni che navigavano ogni giorno lungo lo Yangtze Kiang, uno dei fiumi più lunghi del mondo, e che solo nel porto di Sinju vi fossero circa 15.000 navi. Senz’altro si tratta di cifre importanti, ma che possono darci soltanto un’idea di quello che dovevano essere allora le brulicanti città della seta, i porti frizzanti, il fermento dei preziosi bazar, i templi, le strade affollate e l’antenato dello street food. Ma non furono solamente la ricchezza e il caos ad impressionare i Polo. Il valore militare, la tolleranza religiosa tra buddhismo e animismo e i sistemi di governo illuminati li lasciarono davvero stupefatti, per l’ampiezza di vedute, la bontà e l’equilibrio che caratterizzavano il popolo dei tartari. Basti pensare che avevano ideato delle misure socioeconomiche non solo democratiche, ma anche liberali, con sovvenzioni per i poveri e gli ammalati, un sistema di sicurezza, con pattuglie antincendio e antisommossa, e misure preventive in caso di inondazioni che garantissero granai di riserva. Anche il sistema postale per le comunicazioni urgenti era della massima efficienza. Ci troviamo quindi di fronte ad una società altamente civilizzata, una società che ha avuto il suo corrispettivo occidentale solo nella Roma antica, che però intanto con la crisi dell’impero e le invasioni germaniche era ripiombata nell’oblio e nella barbarie. La Cina diventa quindi per l’Occidente un nuovo stimolo a risorgere dalle proprie ceneri e in qualche modo lo fu, proprio grazie a Marco Polo. La sua opera infatti, definita dagli studiosi la miglior descrizione esistente del regno dei Mongoli, è stata fonte di ispirazione per tanti suoi successori, primo fra tutti Cristoforo Colombo, e lo stesso Marco era fortemente convinto dell’importanza della sua testimonianza:
“Io credo che era volontà di Dio che dovessimo tornare indietro dal nostro viaggio, in modo che gli uomini potessero conoscere le cose che sono nel mondo”.
Con il suo racconto infatti il mercante veneziano è stato in grado di aprire gli occhi e la mente degli europei nei confronti di questa realtà ancora lontana e sconosciuta, di stimolare la curiosità e l’immaginazione, di invogliare altri impavidi viaggiatori come lui a partire e a vivere delle fantastiche avventure da raccontare, monito e stimolo per le generazioni successive ad accogliere la diversità e a trasformarla in ricchezza, in progresso, in un investimento per il futuro. E così, da allora, il viaggio alla scoperta della Cina non si è mai interrotto, grazie al sodalizio nato secoli fa tra i due mondi, l’est e l’ovest, due rovesci della stessa medaglia in continuo dialogo e scambio. Sono certa che in ognuno di noi alberga un piccolo Marco Polo, che aspetta solamente di poter salpare sul mare dei desideri, seguendo la rotta dell’avventura e della scoperta.